Nella nostra attività psichica, esiste una particolare forma di pensiero: vengono definiti “pensieri automatici”. Sono talmente fulminei e sfuggenti che è difficile immaginare quanto siano importanti per il nostro funzionamento psicologico, eppure sono fondamentali!
Affiorano in modo automatico nella mente, continuamente, per attribuire significati alla realtà. Sono sostanzialmente giudizi e interpretazioni degli eventi che si presentano velocemente, rimanendo per lo più sotto la soglia della coscienza. Per rintracciarli occorre un lavoro di automonitoraggio, focalizzazione dell’attenzione e intenzionalità: insomma, un percorso di indagine attenta e meticolosa. Vengono attivati da cognizioni più profonde, dai nostri schemi mentali, ovvero quell’insieme di rappresentazioni di ciò che abbiamo appreso dall'esperienza (soprattutto in età precoce), convinzioni su di sé, sugli altri e sul mondo, ciò che desideriamo e ciò che vogliamo evitare. Possiamo immaginarli come le lenti degli occhiali con cui guardiamo il mondo e noi stessi.
Alcune volte, queste rappresentazioni e cognizioni possono essere disfunzionali, cioè possono distorcere la realtà delle cose, attivarsi in modo rigido indipendentemente dai contesti e generare pensieri automatici negativi che producono sofferenza.
I pensieri automatici possono essere solo di passaggio o toccare delle corde particolari per noi, condizionando maggiormente i processi cognitivi e determinando reazioni emotive più intense e prolungate. Quindi non è l’evento in sé a innescare direttamente un'emozione, ma nel mezzo si inserisce sempre una valutazione, una credenza del soggetto. Di conseguenza, gli eventi possono assumere connotazioni diverse a seconda della valutazione e del significato che gli attribuiamo.
Imparare a rendersi conto di quando stiamo indossando le lenti distorte e sostituirle con altre più funzionali
Abbiamo detto che agiscono automaticamente, influenzati dai nostri schemi che tendono a rimanere stabili nel corso della vita. Abbiamo detto anche che a volte questi possono essere disfunzionali ed essere all’origine della sofferenza. Sembrerebbe quasi che se lo schema non funziona bene allora si è spacciati! Fortunatamente, con un lavoro mirato, che parte dalla consapevolezza, è possibile modificare le cognizioni che sono all’origine della sofferenza psico-emotiva. Infatti non essere consapevoli della loro presenza, prenderli automaticamente come dati di fatto, può far sì che l’influenza (emotiva, cognitiva e comportamentale) che hanno sulla persona sia massima.
È proprio partendo da queste premesse che il lavoro psicoterapeutico affronta gli aspetti della realtà psichica del paziente, attraverso lo sviluppo di una maggiore consapevolezza del proprio funzionamento psichico che permette di riconoscere l’attivazione di uno schema attraverso l’insorgenza di determinati pensieri automatici; l’individuazione degli elementi che causano e mantengono la sofferenza; e la produzione di nuovi schemi e strategie di coping più funzionali al proprio benessere.
“Non sono gli eventi ma il nostro punto di vista riguardante gli eventi che è il fattore determinante. Dovremmo essere più preoccupati di rimuovere i pensieri sbagliati dalla mente che rimuovere gli ascessi e i tumori dal corpo.”- Epitteto -